Cloro e natura

Il cloro, un'invenzione della natura che la scienza è riuscita a riprodurre, si preoccupa dell'uomo e dell'ambiente in ogni momento.

I composti organici del cloro sono prodotti (biosintetizzati) da un vasto numero di organismi animali e vegetali, sia terrestri che marini, come spugne, coralli, alghe, meduse, funghi, licheni, insetti fino ai mammiferi; ad esempio una pianta medicinale della cultura popolare cinese produce fino a cinque composti organoclorurati, una raganella dell'Ecuador biosintetizza un alcaloide contenente cloro che manifesta proprietà analgesiche di gran lunga superiori a quelle possedute dalla morfina; la vancomicina, infine, un antibiotico naturale anch'esso contenente cloro, rappresenta l'ultima difesa possibile per la cura di malattie causate da batteri insensibili al trattamento con altri antibiotici.

La biosintesi di composti organoclorurati è un processo metabolico che avviene in natura sin da tempi assai remoti: ne sono state rinvenute tracce in campioni di fossili risalenti a circa 300 milioni di anni fa; altri composti organoclorurati, fino ad oggi noti per essere derivati solo da produzione industriale come clorofenoli, policloropirroli, bifenili policlorurati, tetraclorodibenzodiossine e altri sono stati identificati come sostanze di origine naturale in sedimenti vecchi anche di 8000 anni.

Gli oceani sono probabilmente la fonte più cospicua di composti organoalogenati; le più semplici tra queste molecole, cloruro di metile (CH3Cl), cloruro di metilene (CH2Cl2), cloroformio (CHCl3) e tetracloruro di carbonio (CCl4), vengono prodotte da molti microrganismi marini e si calcola che ogni anno dagli oceani vengano immesse nell'atmosfera da tre a cinque milioni di tonnellate di solo cloruro di metile, che di conseguenza ha una provenienza naturale e non come spesso si crede quale risultato di processi di smaltimento di rifiuti chimici di processi industriali.

I composti organici del cloro svolgono un ruolo fisiologico di fondamentale importanza per gli organismi in grado di biosintetizzarli e sono spesso indispensabili per la loro stessa sopravvivenza. Molti di questi composti sono infatti usati come difese di tipo chimico contro l'attacco di altri organismi e possono funzionare come deterrenti dell'alimentazione, agenti irritanti o altro. Un prodotto biosintetizzato da un'alga marina noto come teflairina, strutturalmente simile a molti pesticidi clorurati ottenuti per sintesi, è letale per numerose larve di insetti a concentrazioni molto basse ed è tre volte più attivo del Lindano, uno dei pesticidi clorurati di più largo impiego.

In sintesi si può dunque affermare che in natura il metabolismo del cloro negli organismi viventi rappresenta una "normale" via metabolica alla pari di quelle di altri micro e macroelementi e nutrienti e che la natura ha "scelto" il cloro alla stessa maniera di altri elementi come ossigeno, idrogeno, carbonio, azoto, fosforo, zolfo e altri da utilizzare come "mattone" per costruire le proprie biomolecole.

Altre fonti naturali di composti organoclorurati che non siano rappresentate da organismi viventi sono fenomeni comuni come incendi ed eruzioni vulcaniche, oggi riconosciuti come provenienza di composti clorurati ritenuti agenti inquinanti derivanti da processi industriali. Molti ambientalisti ad esempio ritengono che i livelli di diossina riscontrati nell'ambiente siano da imputare alla produzione e allo smaltimento di prodotti clorurati quali il PVC; non è giustificabile sostenere che tali livelli siano esclusivamente da addebitare a procedimenti artificiali che utilizzano prodotti a base di cloro, in quanto gli incendi dei boschi e delle foreste e le eruzioni vulcaniche ad esempio emettono nell'ambiente discrete quantità di diossina. Si è anche visto che analizzando le emissioni gassose avute nel corso di altre eruzioni registratesi in varie parti del mondo sono stati rilevate tracce di cloruro di metile (vari vulcani delle isole Hawaii), clorofluorocarburi (CFC) (Siberia e Guatemala), tetracloroetilene, cloroformio e altri.

 

Per la Natura

Derivati organici contenenti cloro entrano nella costituzione di materiali usati per la salvaguardia dell'ambiente e del territorio ed anche per la costruzione di strutture abitative e non di pubblica utilità. Ne sono un esempio i cosiddetti "geosintetici", ovvero prodotti ad alta tecnologia impiegati nella soluzioni di molteplici problematiche in campo edile e non solo. I geosintetici difatti sono diventati una componente essenziale e strutturale e si applicano in diversi settori come la costruzione di viadotti, strade, gallerie, aeroporti, linee ferroviarie, bonifica dei siti, discariche, stabilizzazione o rinforzo di materiali franosi, impermeabilizzazione e drenaggio di terreni paludosi, consolidamento di edifici, etc. Le ragioni di questo rinnovato interesse verso i geosintetici sono da ricondurre ai recenti orientamenti della politica ambientali tesi a utilizzare materiali sempre più ecologici al fine di ottenere una migliore qualità e difesa dell'ambiente. I geosintetici sono costituiti da una vasta gamma di polimeri a diversa costituzione chimica, tra cui PVC, polietilentereftalato (PET), polietilene clorato e polietilene clorofosfato. I geosintetici si suddividono a seconda della composizione, della geometria, delle caratteristiche meccaniche e della funzione da svolgere in diverse categorie: a) geotessili, sono teli costituiti da fibre polimeriche, tessute tra loro o saldate meccanicamente o termicamente; b) geogriglie, sono materiali polimerici a forma di griglia le cui proprietà variano secondo la geometria e le dimensioni delle stesse griglie; c) geomembrane, sono fabbricate in forma di fogli a diverso spessore ed area superficiale e secondo le proprietà meccaniche si distinguono in plastomeriche ed elastomeriche; le geomembrane sono costituite da un materiale resistentissimo e dotato di un alto grado di adattamento e vengono utilizzate per raccogliere e proteggere il "bene" acqua: vengono difatti impiegate per impermeabilizzare dighe, bacini idrici, canali e serbatoi; visto il loro alto grado di impermeabilità all'acqua le geomembrane vengono anche utilizzate per evitare che liquami fuoriescano da bacini di contenimento, vasche per rifiuti solidi urbani, vasche per rifiuti industriali e discariche così da contaminare l'ambiente circostante con i facilmente ipotizzabili danni all'ecosistema; infine sono impiegate per proteggere opere pubbliche quali gallerie stradali e ferroviarie da pericolose infiltrazioni di acqua da falde acquifere; d) geodeti, sono strutture reticolari opportunamente trattate per resistere agli agenti atmosferici, vengono fabbricate con diversi intrecci a formare reti con proprietà differenti secondo la geometria delle maglie; e) geocelle, sono manufatti caratterizzati da una struttura a nido d'ape ed utilizzate per il contenimento del terreno superficiale, anche per le geocelle la variazione della dimensione e della geometria del disegno strutturale che le costituiscono influenzerà le proprietà meccaniche finali del prodotto; f) geostuoie, costituite da un insieme di lunghi filamenti di materiale polimerico.

L'uso in contemporanea di più tipi di geosintetico dà origine ai cosiddetti "geocompositi", utilizzati per la risoluzione di problematiche nel campo edile come drenaggi, impermeabilizzazioni, filtrazioni, rinforzi e protezioni. Il rinforzo del terreno è applicato soprattutto per lavori stradali e per la sistemazione di scarpate e pendii, svolgendo una funzione di consolidamento profondo del terreno stesso; il drenaggio è effettuato principalmente in opere di sostegno e in siti di discarica e tali opere sono associate a strutture per la captazione e l'allontanamento delle acque, allo scopo di impedire che acque reflue accumulatesi negli interstizi di una costruzione vengano a generare una pressione via via crescente in grado di minare l'integrità strutturale della costruzione stessa; la filtrazione viene attuata mediante geotessili sulle acque proveniente dal drenaggio per raccogliere i materiali più fini; la protezione, stabilizzazione e controllo dei fenomeni erosivi del suolo sia ad opera di incanalazioni fluviali sia di versanti interessati da opere di risanamento post incendi o eventi franosi è effettuata mediante la ritenzione del terreno vegetale utilizzando le geostuoie.

Le barriere di contenimento che, in caso di fuoriuscita accidentale da navi o container, impediscono al petrolio di disperdersi nell'ambiente circostante sono realizzate con materie prime a base di derivati del cloro, essendo le stesse dotate di un elevato grado di impermeabilità non solo agli idrocarburi, ma alla maggior parte dei solventi organici.

In molti paesi del mondo come Stati Uniti, Svizzera e Svezia sali contenenti cloro, e più precisamente il tricloruro ferrico (FeCl3) e il tricloruro di alluminio (AlCl3), sono utilizzati per l'abbattimento dei fosfati contenuto nei liquami di scarichi civili e industriali. I fosfati sono infatti estremamente pericolosi in quanto sostanze capaci di stimolare la crescita di microrganismi e alghe e spesso causa di una proliferazione incontrollata di mucillagini, quale è da vedere in molti mari nel periodo primaverile ed estivo. Il tricloruro ferrico e il tricloruro di alluminio sono ottimi agenti flocculanti, vale a dire sono in grado di far precipitare i fosfati dalle acque che li contengono portandoli a galleggiare sulla superficie della stessa da cui possono essere separati per semplice filtrazione. I cloruri a loro volta sono poi facilmente separabili dal resto delle acque reflue. Questo sistema è stato sperimentato anche in Italia con risultati eccellenti ottenuti nel trattamento dei liquami provenienti dagli scarichi degli agglomerati urbani della riviera romagnola.